Visti in tivù di Antonella Rainoldi
Operazioni come quella della SCC devono essere salutate con piacere
I nuovi programmi possono attendere. Preferiamo dare spazio a un’esperienza personale. Ci capita spesso di dover spiegare ai giovani l’importanza del telefilm americano. Ogni volta lo facciamo partendo dal modello di rappresentazione dei casi eccellenti (da Lost ai Soprano , da Mad Men aDr. House , da In Treatment aThe Wire ) per poi gettare uno sguardo non solo sulla tv, ma anche sul cinema e sulla letteratura. E ogni volta si fa strada la soddisfazione per il grado di coinvolgimento della platea.
Due settimane fa siamo stati ospiti, insieme al produttore Adriano Schrade, della Scuola Cantonale di Commercio di Bellinzona per il secondo dei tre incontri del ciclo Parole del nostro tempo , ideato da Tommaso Soldini, docente di italiano e scrittore, e attuato da Nicola Pinchetti, docente di storia e membro del consiglio di direzione dell’istituto. Nell’aula multiuso, davanti a un folto gruppo di studenti, di età compresa fra i 15 e 20 anni, si è cercato di dare una risposta a queste domande: a cosa si deve il grande successo delle serie tv? Alla elevata qualità delle sceneggiature e alla profonda caratterizzazione dei personaggi? Al sospetto che le opere cinematografiche non siano più capaci di raccontare il presente, forse perché costrette a sintetizzarlo? Alla paura che l’evasione finisca?
Con il contributo della professoressa Manuela Moretti, moderatrice dell’incontro, si è parlato di serialità americana come dello specchio del tempo, di macchine narrative raffinatissime, capaci di catturare l’immaginario collettivo, di vertici qualitativi impossibili da eguagliare, fatta eccezione per la fiction inglese. Com’era prevedibile, l’impressione suscitata dalle ragazze e dai ragazzi presenti in aula è stata quella di grande entusiasmo. Una cosa però ci ha molto colpiti. Spesso si dice che i giovani non sono più disposti all’appuntamento seriale nella sua versione generalista: loro vedono la tv via web e le serie preferite se le scaricano prima. La maggior parte di questi giovani, invece, continua a guardare i telefilm sullo schermo casalingo, rispettando i normali tempi di programmazione. Come hanno fatto notare Jessica e Caroline, abbandonarsi al piacere della visione a puntate significa salvaguardare il brivido dell’attesa. Chi glielo ricorda ai programmatori distratti, ai grandi affossatori di palinsesto?