Negli ultimi giorni, sono comparse in città scritte misteriose con il nome – talvolta latino, talvolta italiano – di quelle che comunemente chiamiamo erbacce.
Crescono ai margini dei marciapiedi, nelle fessure dei muri e ai piedi degli alberi. Nei parchi e nelle aiuole danno fastidio e le strappiamo. Sono le erbacce, piante sfuggite alla mano sicura di chi fa manutenzione. Eppure come sarebbe il nostro paesaggio senza di loro? A scuola impariamo a riconoscere gli alberi più importanti dei nostri boschi, perché non dare un nome anche ai nostri coabitanti più marginali?

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Imparando a riconoscere le erbacce, scopriremmo che molte di esse hanno proprietà fitoterapiche e svolgono una funzione molto importante per il nostro ecosistema, ad esempio bilanciano la temperatura e il tasso di umidità, attutiscono i rumori e nutrono gli insetti. Le erbacce ci danno informazioni sull’ambiente e non da ultimo sono graziose. La loro presenza in città ci ricorda uno dei principi alla base dell’ecologia: dove c’è spazio, qualcuno lo occupa. Lo spazio è inteso come luogo con condizioni ambientali di luce, di calore, di umidità, con la presenza di malattie ed erbivori – condizioni che sono definite nicchie – in cui alcune specie trovano esattamente l’habitat che gli serve per vivere. La presenza di erbacce non è dunque dovuta all’incuria, ma segue regole naturali molto precise.

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Tra le specie che si sono adattate a vivere nelle nicchie cittadine troviamo il dente di leone, che esisteva ben prima dell’essere umano; troviamo il frassino, che nell’ambiente urbano cresce spontaneamente, e troviamo anche piante che arrivano da molto lontano, giunte con il traffico umano e di merci dall’Asia o dall’America. Un esempio è il Coronopus dydimus (la lappolina didima), originaria probabilmente delle Americhe, che cresce ai piedi degli alberi e sui selciati. Questa componente naturale che incontriamo in città nostro malgrado può dunque rivelarsi molto utile per capire l’ambiente in cui viviamo e per equilibrarlo.
L’intervento di pirateria botanica è un omaggio poetico a queste cittadine silenziose che sono le erbacce e un invito a riscoprire la città con altri occhi. L’azione di Lugano segue i precedenti interventi di Nantes (2014) e di Londra (2008).

Il progetto è stato realizzato dalla Città di Lugano in collaborazione con il Museo Cantonale di Storia Naturale e con Scuola Club Migros Ticino. Il video è curato dalla REC.

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Elenco delle erbacce segnalate nel centro di Lugano:

Amaranthus emarginatus (amaranto senza margine)
Anthriscus sylvestris (cerfoglio selvatico)
Arenaria serpyllifolia (arenaria serpillifoglia)
Asplenium ruta-muraria (asplenio ruta di muro o ruta di muro)
Asplenium trichomanes (asplenio tricomane)
Carex muricata (carice contigua)
Cerastium glomeratum (peverina dei campi)
Chelidonium majus (celidonia)
Cirsium vulgare (cardo asinino)
Conocephalum conicum (epatica)
Coronopus didymus (lappolina americana)
Cymbalaria muralis (cimbalaria)
Erigeron karvinskianus (cespica karvinskiana)
Euphorbia peplus (euforbia minore)
Ficus carica (fico)
Herniaria hirsuta (erniaria irsuta)
Hordeum murinum (orzo dei ratti)
Mazus pumilus (mazus nano)
Mycelis muralis (lattuga dei boschi)
Oxalis corniculata (acetosella dei campi)
Parietaria judaica (vetriola minore)
Paulownia tomentosa (paulownia)
Plantago major (piantaggine maggiore)
Poa annua (fienarola annuale)
Polycarpon tetraphyllum (migliarina a quattro foglie)
Sagina procumbens (sagina sdraiata)
Sedum album (borracina bianca)
Sedum dasyphyllum (borracina cinerea)
Solanum nigrum (morella comune)
Sonchus oleraceus (grespino comune)
Stellaria media (centocchio comune)
Taraxacum officinale (dente di leone)
Veronica arvensis (veronica dei campi)
Le vie coinvolte: Piazzale della Stazione, via Bertaccio, via Cattedrale, Salita Chiattone, via Peri, via Pelli, via Dufour, via Ciseri, via Curti, via Lambertenghi, via Lavizzari, via Landriani, Viale Cattaneo.