Nell’ambito del progetto online ‘Lingua madre’ del Lac, Riccardo Favaro e Fabio Condemini riflettono sul linguaggio. Ma forse si parte col piede sbagliato

di Ivo Silvestro (da LaRegione del 28.03.2021)

“In principio era l’azione” afferma il Faust di Goethe rileggendo il Vangelo di Giovanni. Riccardo Favaro inizia invece dal soggetto, per la sua riflessione sulla vita e il linguaggio: del resto ce lo insegnano a scuola, che la triade della sintassi è “soggetto-predicato-complemento”. E il suo progetto per Lingua madre, l’iniziativa di teatro online del Lac, si intitola appunto ‘Analisi logica’ e nei giorni scorsi ha debuttato la prima parte, dedicata appunto al soggetto, online su www.luganolac.ch, alla quale seguiranno il 3 aprile ‘Predicato’ e il 10 ‘Le cose’.

Questa prima puntata consiste in un video di una ventina di minuti – durata ideale per questo genere di produzioni – visivamente impeccabile: un plauso sia a Fabio Condemini che ha curato la regia teatrale (oltre a scene e costumi) sia ad Adriano Schrade dell’associazione Rec per la parte video. Interpreti, i bravi Alfonso De Vreese, Leda Kreider e Beatrice Vecchione. Se il primo progetto video di Lingua madre (‘Ci guardano’ di Carmelo Rifici) manteneva un’impostazione molto teatrale, qui si va verso il cinema o meglio ancora la videoarte. In uno scenario da teatro dell’assurdo, o da prologo di una commedia horror, troviamo un ragazzo “apparentemente sano” che entra in una stanza per prendersi cura di una ragazza malata, ma non la trova a letto come si aspettava: è in piedi perché “c’è già qualcuno, nel letto”. Non riveliamo chi c’è nel letto, anche perché lì inizia un disorientante vorticare di pronomi (voi siete voi ma non potete essere tu; tu puoi diventare voi; io posso diventare noi, ma noi non possiamo diventare io).

Mancano, come detto, altre due parti al progetto: la prudenza impone quindi una sospensione del giudizio fino alla conclusione di tutto il percorso. Qualcosa però bisogna dire, di questa prima proposta: se la situazione iniziale è intrigante e il testo ben costruito, la “lezioncina di grammatica” conclusiva è dispersiva e solleva il sospetto che l’analisi logica sia il punto di partenza sbagliato, per il tipo di riflessione che Favaro vuole fare sul ruolo del linguaggio come strumento di riflessione sulla realtà e sul linguaggio stesso.