Come ho conosciuto Plinio Romaneschi – Diario di Produzione
Rivista 3Valli – febbraio 2015
COME HO CONOSCIUTO PLINO ROMANESCHI
diario di produzione
Nell’Archivio cantonale di Bellinzona trovo un dossier su Plinio Romaneschi e la sua storia subito mi colpisce. Elettricista, nato nel 1890 a Pollegio, diventa collaudatore e paracadutista. Emigra (come tanti altri) in Francia e, in pochi anni, diventa una delle principali attrazioni dei meeting aeronautici di tutto il mondo, buttandosi con i suoi paracaduti da altezze vertiginose o da quote bassissime. È così che cominciano i miei sei mesi di investigazione sulle tracce del Romaneschi. Obbiettivo: realizzare un documentario per la trasmissione “Storie”. In pochissimo tempo Plinio diventa una presenza costante, quasi un’ossessione. Occupa le mie giornate e i miei pensieri.
La mia indagine ha inizio con le telefonate alle case per anziani delle Tre Valli. Chiedo agli animatori di fare per me un’indagine preliminare: Romaneschi è morto da anni ma vorrei trovare qualcuno che lo ha conosciuto, che abbia magari assistito al suo famoso salto dalla filovia. Torno all’archivio. Mi piace questo luogo, con le pareti piene di libri e la gente indaffarata alle scrivanie, chissà a cercare cosa… Ci vado con Luciano Gaggetta, che mi mostra una serie di materiali raccolti nella sua carriera di archivista dell’AeroClub. Visito anche l’archivio comunale di Biasca e incontro l’archivista Silvano De Antoni, che mi mostra una scatola con documenti interessantissimi. In particolare, troviamo il passaporto di Plinio e alcune sue lettere, scritte negli ultimi anni di vita ai parenti di Biasca, quando era ormai prossimo alla morte. Nel frattempo, Silene Madonna, la nostra grafica, si sta occupando di un lavoro importantissimo, la digitalizzazione in alta qualità delle immagini che inseriremo poi nel documentario. Purtroppo, a poche settimane di distanza, muoiono due persone che hanno dedicato la loro vita all’aeronautica e che a detta di tutti sarebbero stati una fonte importantissima sull’argomento: l’aviatore Edgardo Rezzonico ed Ettore Monzeglio, forse il più importante pilota del nostro cantone.
Telefono a Sara Rossi che lavora per il giornale delle Tre Valli. Forse può aiutarmi dandomi qualche informazione utile alla mia ricerca. Mi dice che conosce Ilaria, una pronipote del Plinio, una tipa spericolata che ha volato con l’astronauta Claude Nicollier. Mi dà il suo contatto e si propone di mettere un annuncio sul giornale per aiutarmi a raccogliere materiale. Intanto chiamo Ilaria. Dice di non saperne molto della storia di questo suo avo, ma di esserne affascinata da sempre. Sente che nel suo DNA qualcosa del Plinio è rimasto. Vola con il parapendio, ha una forte attrazione per gli sport estremi e le piacerebbe molto provare a lanciarsi con il paracadute.
La sensazione, dopo queste prime settimane di ricerca, è che la figura del Romaneschi sia diventata una specie di leggenda, di mito, tanto che fatico a trovare testimonianze di prima mano. Molti dei racconti raccolti sembrano uno la copia dell’altro, con elementi che si ripetono sempre nello stesso modo. Plinio viene descritto come una specie di supereroe, ma – mi dico – avrà pur avuto degli aspetti più umani, dei momenti di debolezza, di difficoltà. Sono questi che mi interesserebbe raccontare.
La ricerca continua a Malvaglia, dove mi fermo al primo bar che incontro. Bevo un rosé con gli anziani del posto, e in poco tempo viene fuori che non solo conoscono la storia del Romaneschi, ma erano addirittura presenti il giorno del suo leggendario lancio dalla filovia. Ne parlano come di un flop, di una grande delusione. Emergono, piano piano, tutta una serie di informazioni che iniziano a togliere al Romaneschi quell’aura di impavida perfezione che un po’ mi infastidiva. Dopo qualche altro bicchiere di rosé le confidenze si fanno più pruriginose. Per alcuni aveva persino problemi di soldi, altri dicono che beveva molto. Addirittura c’è chi è pronto a giurare che a Parigi avrebbe contratto la sifilide. Dietro tutte queste confidenze, c’è forse un po’ di invidia nei confronti del Plinio, un emigrante atipico che, al contrario di tanti altri suoi coetanei, a Parigi faceva la bella vita, aveva stuoli di ammiratrici e quando tornava al paese sfoggiava grossi anelli e abiti eleganti.
Organizziamo dei sopralluoghi all’aeroporto di Locarno con Giacomo Jaeggli, che si occuperà delle immagini e della fotografia di questo documentario. Vogliamo vedere l’hangar che oggi ospita la Ruag, una delle strutture di ricovero per aeroplani più longeve, è li che all’epoca venivano piegati i paracaduti. Romaneschi è stato sicuramente qui, in diverse occasioni.
In settembre, finalmente iniziano le riprese. Partiamo con le interviste nella casa anziani di Biasca, poi all’archivio. Facciamo visita alla signora Bruchez, con cui negli scorsi giorni ho avuto lunghi scambi telefonici. Anche lei si ricorda del Plinio, fratello di suo nonno, perché frequentava casa loro quando tornava da Parigi. Giriamo a Malvaglia in un giorno in cui il cielo promette pioggia, ma decidiamo di non rimandare. Con la nostra piccola troupe incontriamo due anziani di Malvaglia Roberto e Vittorio Menegalli. Testimoni Fonti inesauribili di aneddoti, si muovono con naturalezza davanti alla camera. Torniamo a quel 20 agosto del 1939, a pochi giorni dall’inizio della Seconda guerra mondiale. Senza nemmeno rendermene conto, mi immedesimo nel Romaneschi, mi viene naturale. Diverse migliaia di persone (chi dice tremila, chi trentamila) sono accorse per vedere il suo “volo muscolare con ali meccaniche”. Su di lui gli sguardi del pubblico in attesa. E lui lassù, in cima a una teleferica. Indossa due ali meccaniche, fatte di legno, metallo e seta cruda. Plinio non era uno sprovveduto, sapeva benissimo che quelle ali non avrebbero funzionato, ma la messa in scena era perfetta. Negli anni precedenti era stato inventato il cinema a colori, messo a punto il microscopio elettronico e scoperto Plutone. Quindi perché il volo muscolare umano non avrebbe dovuto essere un obbiettivo a portata di mano?
Domenica 28 settembre è un grande giorno per Ilaria, per la prima volta nella sua vita si lancerà con il paracadute. Ma non sembra affatto agitata. Non per niente la chiamano “Plinio”. La giornata è grigia ma quando l’aeroplano vola sopra il velo di nuvole il cielo diventa azzurrissimo. Ogni mezz’ora una gragnola di paracadutisti attera nel grande prato con la naturalezza di chi sta saltando da uno sgabello.
Per le parti di fiction, abbiamo trovato il bambino che impersonerà il piccolo Plinio. Si chiama Yann, è intelligente e vivace. Non ha mai fatto l’attore ma ha voglia di provarci. Giulia Fratini, la nostra costumista, trova degli abiti bellissimi per lui. Giriamo a Biasca fuori dalla casa Pellanda, nella zona della chiesa e anche al binario morto di Arbedo. Giriamo pure una parte di storia ricostruita su Plinio adulto. Lo impersonerà Davide Fumagalli, un attore che per alcuni anni ha avuto il brevetto di paracadutista e che non ha paura dell’altezza. Il fisico mi pare quello giusto, un naso importante, che mi ricorda quello di Plinio, ma soprattutto un “qualcosa” negli occhi. Tristi e sognanti. Quando vedo il nostro attore indossare le ali meccaniche faccio fatica a credere che davvero Romaneschi si sia lanciato nel vuoto con un dispositivo tanto fragile e precario.
Nel frattempo avviamo anche la fase di montaggio: scarichiamo tutto il materiale girato, sincronizziamo l’audio e guardiamo e annotiamo il video. Abbiamo in mano tantissime ore di girato, la materia grezza da cui nascerà il film. Piano piano il documentario acquisisce una struttura, le varie testimonianze trovano una loro collocazione all’interno del flusso narrativo. Iniziamo anche il lavoro sulla colonna sonora con il compositore Victor Hugo Fumagalli, le elaborazioni in 3D delle fotografie e la sonorizzazione con Adriano Schrade. Ormai il documentario è quasi pronto ma ho molti dubbi. Plinio è un’istituzione, la sua storia toccherà sicuramente l’animo di molte persone. La parte ricostruita è sicuramente un azzardo, ma spero non urti la sensibilità di nessuno. Quel che vorrei è riuscire a trasmettere almeno un po’ del fascino e dell’ammirazione che ho provato in questi sei mesi di stretta frequentazione con Plinio. Mi mancherà.